
Perde la vista e inizia a dipingere: la storia di Andrea Ferrero Massimiliano Rais e Andrea Ferrero
Andrea Ferrero è un pittore, un artista non vedente che si è dedicato con amore e passione alla pittura da alcuni anni con ottimi risultati. Andrea ha già dato vita ad alcune mostre e ora è in corso la mostra al museo archeologico di Senorbì. La mostra è visitabile dal martedì alle domenica, dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19. Non vedente ma senza alcuna barriere e per lui i limiti sono fatti per essere superati: “E’ strano che uno non veda e dipinga ma la pittura non è solo vedere. è anche sentire – dice Ferrero – cioè l’emozione che tu riesci a mettere nei tuoi quadri e che riesci a trasferire alle persone quando guardano i tuoi quadri”.
La cosa fondamentale per Andrea è stare bene e dipingere lo fa stare bene. Per lui l’importanza sta in ciò che riesce a trasferire alle persone, a livello di emozioni. Ha perso la vista nel 2010 a causa di una retinite pigmentosa e ha iniziato a dipingere nel 2017, da cieco totale. Quello che doveva essere il passatempo di una domenica è diventato qualcosa di più e se prima aveva iniziato a dipingere con i pennelli, poi ha iniziato a usare le mani e da lì gli si è aperto un mondo. Non riesce più a smettere di vivere questa scoperta. Una scoperta avvenuta per caso che poi è diventata una grande passione, un grande amore e ora non può assolutamente rinunciare a dipingere.
Oltre alla pittura si dedica anche alla manipolazione dell’argilla refrattaria, il modellato. Andrea Ferrero affronta anche il tema dell’accessibilità urbana e delle barriere architettoniche mettendo l’accento sul fatto che quando si parla di queste barriere, nell’immaginario collettivo si pensa sempre alle persone con le disabilità motorie in quanto anche il simbolo della disabilità è una persona sulla sedia a rotelle ma sulle altre disabilità c’è tanto da fare: “Devo dire che anche il comune si sta dando da fare. Io abito in via Dante e nella mia zona ci sono i semafori sonori. L’accessibilità è cercare di risolvere quelli che sono i cambiamenti delle persone e soprattutto un cambiamento culturale e quindi bisogna lavorare sulla testa della gente”.