
Social dietro le sbarre: la sfida della comunicazione carceraria Cristian Asara
Negli ultimi mesi sono stati sequestrati centinaia di microcellulari nelle carceri italiane. Questi dispositivi vengono utilizzati dai detenuti per comunicare con l’esterno, organizzare attività illecite e diffondere messaggi di propaganda criminale. Un caso emblematico è quello del carcere di Augusta, in provincia di Siracusa, dove la polizia penitenziaria ha sequestrato due smartphone di ultima generazione, uno dei quali utilizzato per una diretta social con centinaia di follower.
Nella diretta, i detenuti lanciavano messaggi di odio contro le forze dell’ordine e i pentiti. Questi episodi sono un grave problema per la sicurezza delle carceri e per la società civile. I detenuti che utilizzano i social media per diffondere messaggi di odio e violenza rappresentano un pericolo per la collettività. Inoltre, la presenza di smartphone e social media nelle carceri rende più difficile il lavoro di recupero dei detenuti e il loro reinserimento nella società.
È necessario che le autorità competenti prendano provvedimenti urgenti per contrastare questo fenomeno. È necessario rafforzare i controlli nelle carceri e rendere più difficili le comunicazioni tra i detenuti e l’esterno. È inoltre necessario avviare campagne di sensibilizzazione per far capire ai detenuti i rischi legati all’utilizzo dei social media.