
Un fiore incredibile sboccia nei luoghi più caldi del mondo Enzo Asuni e Massimiliano Rais
Esiste un fiore che ha la capacità di sbocciare e crescere in luoghi assolutamente inospitali, nei luoghi più caldi del mondo. Il fiore in questione cresce nella Death Valley, più comunemente nota come la Valle della Morte. Si configura come un’area totalmente desertica che si trova in California da cui prende il nome anche il famoso parco nazionale statunitense. Alcuni ricercatori statunitensi hanno deciso di studiare l’arbusto che genera questo particolare fiore. L’arbusto si chiama Tidestromia Oblongifolia e il suo fiore sopravvive a temperature che possono superare anche i 50 gradi centigradi. Ora capiamo bene che se ci è stato insegnato che le piante hanno bisogno d’acqua per sopravvivere, questo si configura come una sorta di fiore con superpoteri considerando che cresce e sboccia con questo caratteristiche circostanti. Secondo gli studiosi l’analisi dei geni della pianta, potrebbe, in futuro, aiutarci a ottenere coltivazioni capaci di resistere ai cambiamenti climatici in corso.
Per comprendere i meccanismi attraverso i quali riesce a sopravvivere a queste elevate temperature ne sono state piantate diverse in laboratorio. E se inizialmente sono state sottoposte a temperature moderate, in un secondo momento sono state trasferite in ambiente che meglio riproduce le condizioni della Death Valley nel periodo di massimo calore, quello estivo. Allo stesso trattamento è stata sottoposta anche una pianta che cresce in Messico e che fa parte della stessa famiglia, quella delle Amarantacee. Si tratta di una pianta che nasce e cresce nelle zone tropicali non solo del Messico ma più in generale del Sud America.
La seconda pianta si chiama Amaranthus Hypochondriacus e pur vivendo in ambienti tropicali ha smesso di crescere una volta sottoposta alle temperature infernali della Death Valley.
La Tidestronomia, invece, quella che già di base cresce nel territorio, ha aumentato il suo tasso di crescita. E’ stato dimostrato che in quelle condizioni ha aumentato anche l’assimilazione di C02, uno degli elementi fondamentali per la fotosintesi. E’ stato notato che la pianta in questione produce una proteina particolare che è stata più semplicemente definita proteina da shock termico”. Queste proteine sono in grado di promuovere la sintesi e riparare specifici componenti protettivi per la pianta.
La pianta in questione sarebbe anche capace di ridurre la dimensione di alcune cellule contenute nelle sue foglie ed è stato rimarcato, attraverso un articolo dei ricercatori che probabilmente la pianta sarebbe in grado di raggiungere un adattamento alla maggiore richiesta energetica in periodi di estremo calore.
A cura di Enzo Asuni, social media manager de L’Unione Sarda